APPARECCHIARE NEL TEMPO E NELLA CULTURA



Vincenzo Cervio, Il Trinciante, Venezia 1604, frontespizio

Utensili del trinciante, in Il Trinciante di Vincenzo Cervio, Venezia 1604, tavola

In alto: Marcello Fogolino (attribuito a), Visita di Cristiano I di Danimarca a Bartolomeo Colleoni. Banchetto, 1520-1530 circa. Cavernago, castello di Malpaga

Il termine trinciante identifica sia un oggetto sia un professionista rinascimentale molto apprezzato.
Il trinciante era un grande coltello dalla punta dritta utilizzato per il taglio delle carni e ancora oggi si usa soprattutto per il sezionamento degli animali da cortile e la carne cruda.
Nelle mense signorili e principesche, il trinciante era colui che aveva il compito di tagliare le vivande, soprattutto la carne di animale ma non solo, così da servire ai commensali dei succulenti bocconi.
In Italia trinciare gli alimenti divenne addirittura un’arte, con una gestualità precisa e studiata, apprezzata soprattutto nella sua formula “in aria”: la mano sinistra del trinciante alzava un forchettone a due o più denti sul quale stava la vivanda mentre la mano destra iniziava a tagliare secondo una precisa sequenza, lasciando cadere i pezzi sul piatto che venivano salati e presentati al signore e agli invitati.
Il trinciante più famoso è forse Vincenzo Cervio che perfezionò la tecnica del taglio durante l’ambìto servizio presso il cardinale Alessandro Farnese. Cervio raccolse le proprie conoscenze professionali nel volume Il trinciante, edito per la prima volta a Venezia nel 1581. E oltre a ogni precisazione su utensili, tagli e gesti, raccomandava al perfetto trinciante una solida educazione e una retta morale.