APPARECCHIARE NEL TEMPO E NELLA CULTURA



Philippe Sylvestre Dufour, Traités Nouveaux & Curieux Du Cafè, Du Thé, et Du Chocolate, L’Aia, 1671, frontespizio

Manifattura di Sèvres, Reggitazza e tazza (zarf), 1848-1855 circa. Cleveland, Museum of Art

In alto: Scuola francese, Gustando il caffè, prima metà XVIII secolo, particolare. Istanbul, Pera Museum

La parola tazza deriva dall’arabo tàssa indicante un bicchierino verosimilmente conosciuto dagli occidentali durante le crociate.
Fu all’inizio del XVIII secolo, con l’affermarsi del consumo delle bevande “esotiche” (caffè, tè, cioccolata) e del gusto per i raffinati oggetti da tavola, che nacque la tazza come la conosciamo noi oggi: un recipiente con un’ansa per impugnatura, il più delle volte posata in un piattino con la medesima decorazione.
Tra i vari modelli, per bere il caffè esisteva anche un recipiente di ceramica spessa, privo di ansa e a forma di flûte chiamato mazagran, dal nome della città algerina, dove nel 1840 l’esercito francese resistette all’assedio grazie a razioni di caffè freddo e alcol. Sempre a metà Ottocento, quando la moda dell’orientalismo si impose in numerose forme artistiche, la tazza più ricercata era la zarf: priva di ansa, il fondo arrotondato e incastrata in un supporto indipendente a forma di piccolo porta-uovo che serviva a bere una piccola quantità di caffè alla turca.